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10-11-2021

AMBIENTI CONFINATI O SOSPETTI DI INQUINAMENTO: 10 ANNI DI LUCI ED OMBRE

Vizi e virtù del DPR 177 del 2011 in occasione del decennale di pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Un approfondimento di Stefano Farina, Consigliere nazionale AiFOS

Intek Sicurezza

Il giorno 8 novembre 2011 venne pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.P.R. 177, Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati; a distanza di dieci anni proviamo a fare il punto degli aspetti positivi e di quelli negativi che l’emanazione del D.P.R. ha portato con se e cerchiamo anche di analizzare le motivazioni per le quali in taluni casi il D.P.R. non ha ottenuto i risultati sperati con un numero ancora elevato di infortuni.

In un confronto tra aspetti positivi ed aspetti negativi, troviamo tra i primi quelli connessi all’evidenziazione che il “Committente” deve necessariamente qualificare le imprese che all’interno della propria realtà aziendale andranno ad operare nell’ambito degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati (confinati e non confinanti come apparve nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale - vedi immagine).

Purtroppo (e veniamo agli aspetti negativi), non tutti i Datori di Lavoro Committenti si sono resi conto di quanto risulta necessario fare e valutano solo gli aspetti formali/documentali e non quelli di una necessaria e corretta valutazione dei rischi e la stessa qualificazione delle imprese si ferma ad un’autocertificazione di possesso dei requisiti.

Il Decreto era emanato in attesa della definizione di un complessivo sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, come previsto dagli articoli 6, comma 8, lettera g), e 27 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Rileviamo che a 10 anni di distanza l’attesa non è ancora terminata e come direbbe qualcuno di “bla bla bla” in merito ne sono stati fatti tanti, ma i risultati ancora non si vedono.

La stessa indicazione di ambienti confinati riportata nel comma 2 dell’articolo 1 (il presente regolamento si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo) richiederebbe una definizione ben più approfondita in quanto a tutt’oggi vi sono numerose interpretazioni che poi portano puntualmente all’applicazione generalizzata (anche quando magari non risulta necessario) o - ben peggio – alla non applicazione ove necessario di questo regolamento.

Veniamo ora al cuore della questione, ovvero all’articolo 2 che va a definire, in modo abbastanza dettagliato tutti gli aspetti relativi ai requisiti per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi.

Tra i vari aspetti spiccano quelli, fondamentali degli aspetti contrattuali e contributivi dei lavoratori, dell’esperienza e della formazione, informazione ed addestramento.

Se per gli aspetti contrattuali e contributivi generalmente non emergono grosse problematiche (vi sono ma non sono legate a rischi fisici per i lavoratori), per l’esperienza degli addetti vi sarebbe invece tanto da dire. L’esperienza almeno triennale del 30% dei lavoratori, molte volte viene valutata come un generico: lavora in ambienti confinati (o a rischio inquinamento) da almeno tre anni. Senza meglio capire la tipologia di ambiente che può essere la più diversificata possibile e con livelli di rischio molto differenti (un esempio abbastanza banale: pensiamo al lavoratore che da tre anni lavora sporadicamente in ambienti confinati privi del “rischio inquinamento”, dove l’unico problema è un accesso dall’alto difficoltoso e che viene mandato a lavorare alla riqualificazione delle vasche di decantazione di un depuratore).
Si apre poi tutta la partita della formazione. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore del Decreto (ovvero 90 giorni dopo il 23 novembre 2011) dovevano essere individuati i contenuti e le modalità della formazione[1]. In realtà alla fatidica scadenza del 21 febbraio 2012 nulla venne individuato. Anzi dal 23 novembre 2011 al giorno del decennale i giorni passati sono ormai 3.638. Un ritardo certamente non accettabile che, come conseguenza, porta molti datori di lavoro a sottostimare la formazione (ma anche l’addestramento necessari) ed allora assistiamo a “corsi per spazi a rischio inquinamento o confinati” regolarmente attestati con un elenco dei contenuti che spaziano da legislazione a norme tecniche, da dpi anticaduta ad autorespiratori, da video simulazioni del recupero a concetti relativi all’uso dei rilevatori gas spazi confinati. Il tutto in 60/90 minuti compreso test di verifica finale (per fortuna non è sempre così).
Anche dell’aggiornamento molte volte si sono perse le tracce.

Non parliamo poi degli aspetti dell’addestramento o del significato relativo alla locuzione “possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati”.
Posso solo riportare la mia esperienza all’interno di un’attività dove l’impresa che intervenne per eseguire dei lavori specialistici all’interno di un pozzetto di ispezione all’interno del quale vi era una mezza canaletta di un collettore di trasporto liquami industriali che sarebbe rimasto in funzione durante i lavori, come dpi aveva le mascherine FFP1, come strumentazione aveva un tripode di recupero e come attrezzature aveva “i macchinari atti alla lavorazione”. Al dubbio sollevato – tramite il Committente – relativo all’efficacia di quanto in loro possesso nell’ottica della prevenzione dei rischi dei propri lavoratori, venne portato un elenco di lavori eseguiti (elenco peraltro molto lungo e ben strutturato) delle attività svolte in tali situazioni. Gli era sempre andata bene ma per accedere in quella azienda dovette adeguare DPI, strumentazione ed attrezzature.

Ulteriori ombre vengono rilevate in merito alla “certificazione dei subappalti ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”. Molte imprese nel timore di tempistiche lunghe, di controlli particolari, di lungaggini burocratiche, di paure (forse) ataviche di quello che una certificazione di soggetto terzo può comportare, tendono ad evitare il subappalto, magari a ditte che sono molto qualificate e competenti, utilizzando propri lavoratori che magari sono meno qualificati o meno competenti e di conseguenza vi è un discreto aumento di rischi che potrebbero essere evitati.

Un aspetto importante è anche quello legato al “lavoratori autonomi”. Il loro impiego all’interno del sistema lavorativo di cui al Decreto è naturalmente permesso (fatti salvi i requisiti di specie), ma il Committente Datore di Lavoro che affida il lavoro deve essere consapevole che dovrà capire come viene assicurata la sicurezza di tali soggetti nonché potrebbe risultare coinvolto per quanto attiene la gestione delle emergenze.

Il comma 1[2] dell’articolo 3 è certamente uno di quelli con più criticità applicative, se il primo paragrafo è totalmente condivisibile e la puntuale e dettagliata informazione, oltre ad essere auspicabile è necessario che sia effettuata in modo adeguato ed efficace, vi sono grossi problemi applicativi riguardo al tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni, ove si indica che la durata non deve essere, comunque, non inferiore ad un giorno.

Ecco il punto è proprio questo. Tante volte il lavoro da eseguire è di breve durata (un’ora o poco più), ed il trasferimento dettagliato ed efficace delle informazioni previste comporta un impegno di tempi molto più ristretti rispetti al “giorno”. A questo punto il dilemma è: rispetto la norma e cosa faccio/dico nel tempo residuo, o non la rispetto violando però i precetti normativi? Altre volte ci si “accontenta” del “giorno”, mentre sarebbero necessarie più giornate per poter trasmettere tutte le informazioni.

Anche l’individuazione della figura del rappresentante del datore di lavoro committente, figura importante del sistema sicurezza, nella realtà sconta di uno scarso approfondimento e sottostima degli effettivi compiti da svolgere e molte volte viene demandata a soggetti che, pur in possesso dei requisiti richiesti, non sono consapevoli di quanto devono effettivamente fare (vigilare in funzione di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente), riducendo la vigilanza ad una specie di front office, ovvero di un’accoglienza dei lavoratori e accompagnamento sul luogo dove dovranno svolgere le attività. Nulla di più.

Infine qualche criticità anche riguardo agli aspetti connessi all’eventuale fase di soccorso e coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco che, oltre a venire applicata con modalità differenziate tra regioni, sconta anche altri problemi (a volte è una semplice comunicazione che viene protocollata ed archiviata, a volte nemmeno quello).

Molto altro si potrebbe aggiungere e naturalmente le riflessioni che ho pensato di condividere, sono gravate da numerosi input negativi ascoltati in questo ambito da parte di Colleghi, Imprese, Consulenti e Committenti. Per fortuna non è così in tutte le realtà operative e ci sono numerose eccellenze anche in questo settore. Ugualmente la lettura che ho dato di questo DPR e delle sue problematiche applicative deriva da numerose considerazioni fatte nel tempo e probabilmente sarebbero auspicabili degli interventi correttivi, nonché il completamento di quelle che erano le premesse che però sono rimaste sulla carta.


 [1] Avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto il personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività, oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento. I contenuti e le modalità della formazione di cui al periodo che precede sono individuati, compatibilmente con le previsioni di cui agli articoli 34 e 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, entro e non oltre 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, con accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le parti sociali.

[2] Prima dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività lavorative di cui all’articolo 1, comma 2, tutti i lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice, compreso il datore di lavoro ove impiegato nelle medesime attività, o i lavoratori autonomi devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente sulle caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati ad operare, su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività.
L’attività di cui al precedente periodo va realizzata in un tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque, non inferiore ad un giorno.