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26-03-2024

Piano nazionale Radon 2023-2032: la nuova opera omnia

Il documento illustra la strategia nazionale per affrontare i rischi a lungo termine. Approfondimento di Roberto Marasi, Consigliere nazionale AiFOS esperto in interventi di risanamento gas radon.

Intek Sicurezza

Il Piano Nazionale d'Azione per il Radon 2023-2032 (PNR), adottato con il DPCM 11 gennaio 2024 pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 43 del 21 febbraio 2024, rappresenta un fondamentale strumento di gestione per affrontare le complesse problematiche connesse all'esposizione al radon, un gas radioattivo naturale con potenziali rischi per la salute umana. In questo contesto, è cruciale approfondire le dinamiche fisiche e biologiche che sottendono alla formazione di tali rischi e valutare le strategie preventive proposte dal piano.

Il radon è un gas nobile, incolore, inodore e insapore, che deriva principalmente dal decadimento naturale dell'uranio presente nel suolo, nelle rocce e nelle acque sotterranee. La sua emissione avviene attraverso processi di decadimento radioattivo, producendo una serie di isotopi noti come "prodotti di decadimento del radon". Questi isotopi, a loro volta, emettono particelle alfa durante il loro decadimento, con il potenziale di danneggiare il DNA delle cellule epiteliali del tratto respiratorio in caso di inalazione.

La penetrazione del radon negli ambienti indoor avviene principalmente attraverso la permeabilità del suolo e delle fondamenta degli edifici. Una volta all'interno degli spazi chiusi, il gas può accumularsi a concentrazioni più elevate rispetto all'ambiente esterno, aumentando così il rischio di esposizione umana. È importante evidenziare che le particelle alfa emesse durante il decadimento del radon e dei suoi prodotti sono in grado di interagire direttamente con il tessuto polmonare, provocando danni cellulari che possono evolvere in patologie neoplastiche, in particolare tumori polmonari.

Dal punto di vista normativo, il PNR si basa sull'articolo 10 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, che incorpora le direttive nazionali e comunitarie riguardanti la protezione dalle radiazioni ionizzanti. Questo quadro normativo fornisce linee guida per definire standard di sicurezza nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro al fine di limitare l'esposizione al radon e monitorare la concentrazione di questo gas.

Una delle principali disposizioni del PNR riguarda la definizione di limiti massimi di concentrazione di radon negli ambienti indoor. Per gli edifici di nuova costruzione, si propone un tetto massimo di 200 Bq/m3 a partire dal 1° gennaio 2025, mentre per gli edifici esistenti l'obiettivo è mantenere le concentrazioni al di sotto dei 300 Bq/m3 così come nei luoghi di lavoro. Tali limiti sono stati stabiliti considerando i rischi per la salute associati all'esposizione al radon e ai suoi prodotti di decadimento.

Inoltre, il piano prevede un approccio sistematico per la valutazione e il monitoraggio delle concentrazioni di radon negli ambienti di lavoro. Secondo le disposizioni del D.lgs. 101/2020, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare misurazioni periodiche della concentrazione media annua di radon negli ambienti di lavoro, utilizzando dosimetri riconosciuti e adottando le misure correttive necessarie in caso di superamento dei limiti di sicurezza stabiliti.

Nel caso in cui si superi il livello massimo di riferimento di 300 Bq/m3, l'esercente (Datore di Lavoro) è quindi tenuto a implementare misure correttive atte a ridurre le concentrazioni al livello più basso ragionevolmente ottenibile, con il supporto di esperti in risanamento radon e nel rispetto delle considerazioni economiche e sociali.

È importante sottolineare che il PNR prevede anche sanzioni amministrative per gli esercenti che non rispettano le disposizioni normative, ivi compresi l'obbligo di effettuare misurazioni e la mancata comunicazione delle stesse alle autorità competenti.

Una nuova occasione per la salvaguardia della salute nasce con quindi con l’applicazione del PNR, importante strumento per affrontare i rischi per la salute associati al radon, adottando un approccio basato su evidenze scientifiche e normative. Tuttavia, è bene ricordare che il successo di queste misure dipenderà dall'efficace implementazione delle stesse e dalla cooperazione tra tutte le parti interessate, al fine di garantire la protezione della salute pubblica e non solo in ambienti lavorativi.

Come dettato dall’articolo 16 del D.lgs. 101/2020, il PNR individua ulteriori luoghi di lavoro nei quali il Datore di Lavoro garante della salute e sicurezza è tenuto a completare le misure di concentrazione media annua di gas Radon oltre a quelli previsti orginariamente:

  • Locali chiusi con impianti di trattamento per la potabilizzazione dell’acqua in vasca aperta;
  • Impianti di imbottigliamento delle acque minerali (naturali e di sorgente)
  • Centrali idroelettriche

Locali di servizio, spogliatoi, bagni, vani tecnici, sottoscala, corridoi e locali a basso fattore di occupazione (<100 ore/anno) sono esentati dalla misurazione.

Nel caso in cui la concentrazione media annua dell’attività del radon in aria misurata non superi il livello massimo di riferimento di 300 Bq m3, è previsto l’obbligo per l’esercente di dover elaborare e conservare per otto anni un documento contenente l’esito delle misurazioni nel quale è riportata la valutazione delle misure correttive attuabili. Tale documento costituisce parte integrante del documento di valutazione dei rischi aziendale (D.V.R.).

È necessario ripetere le misurazioni ogni otto anni e ogniqualvolta siano realizzati interventi:

  • di manutenzione straordinaria dell’edificio;
  • di restauro e di risanamento conservativo;
  • interventi di ristrutturazione edilizia che comportano lavori strutturali a livello dell’attacco a terra o volti a migliorare l’isolamento termico.

Nel caso in cui la nuova misurazione evidenzi che la concentrazione del radon:

  • è inferiore a 300 Bq m3, l’esercente deve:
    • entro un mese dal rilascio della relazione delle misurazioni effettuate garantire il mantenimento nel tempo dell’efficacia delle misure correttive adottate;
    • ripetere le misurazioni con cadenza quadriennale;
  • se invece è rimasta superiore a 300 Bq m3, nonostante l’adozione delle misure correttive, l’esercente deve far effettuare da un esperto di radioprotezione, la misurazione della dose d’efficacia annua, il cui livello di riferimento è stato determinato in 6 mSv.

Nel caso la valutazione della dose efficace annua risulta essere inferiore al livello di riferimento, l’esercente deve:

  • tenere sotto controllo le dosi efficaci o le esposizioni dei lavoratori fintanto che le ulteriori misure correttive adottate non riducano la concentrazione media annua di attività di radon nell’aria;
  • conservare i risultati delle valutazioni per un periodo non inferiore a dieci anni;
  • superiore al valore previsto, l’esercente deve adottare tutte le disposizioni previste per la protezione dall’esposizione dei lavoratori. In vista della complessità delle disposizioni previste si consiglia di avvalersi della competenza dell’esperto di radioprotezione al fine di individuare correttamente le azioni che devono essere intraprese.

Il Decreto prevede, nel caso di superamento nei luoghi di lavoro del livello massimo di riferimento di 300 Bq m3, l’obbligo dell’esercente di inviare apposita comunicazione contenente la descrizione delle attività svolte e la relazione tecnica rilasciata dal servizio di dosimetria riconosciuto, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alle ARPA/APPA, agli organi del SSN e alla sede dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) competenti per territorio.

Agli stessi enti, al termine delle misurazioni di concentrazione media annua di attività di radon in aria successive all’attuazione delle misure correttive, deve essere inviata una ulteriore comunicazione contenente la descrizione delle misure correttive attuate, corredata dei risultati delle misurazioni di verifica effettuate.

Le comunicazioni in questione devono essere inviate entro un mese dal rilascio della relazione delle misurazioni effettuate.

La procedura di utilizzo per l’utente è alquanto semplice: i dispositivi di campionamento contenenti i materiali sensibili sono posizionati all’interno del locale da monitorare, eventualmente attivati e lasciati nel punto di indagine per il tempo stabilito. Il radon penetra in questi dispositivi per diffusione o per permeazione e produce, per effetto del suo decadimento, una serie di radiazioni alfa che sono registrate dai materiali sensibili. Le particelle alfa, del tipo di quelle emesse dal radon o dai suoi prodotti di decadimento, hanno una determinata massa e velocità. Nella loro interazione con la materia, l’energia che possiedono viene rilasciata durante gli urti con gli atomi o le molecole del mezzo che attraversano. A causa della loro massa relativamente grande sono in grado di ionizzare il mezzo che attraversano, ossia di romperne i legami molecolari e atomici producendo ioni. Mentre in molti materiali gli ioni si ricombinano e non rimane alcun segno del passaggio della radiazione, nel caso di questi materiali dielettrici (materiali plastici) tali processi producono, in determinate condizioni, una rottura permanente dei legami molecolari, lasciando quindi una traccia del loro passaggio. Queste tracce non sono visibili ad occhio nudo, essendo dell’ordine di alcune decine di nanometri (milionesimi di millimetro). Tuttavia, se il materiale è sottoposto ad alcune procedure chimiche (trattamento con soluzioni acide o alcaline a temperature di alcune decine di gradi) queste tracce si sviluppano fino a diventare visibili ai normali microscopi ottici o addirittura, in alcuni casi, ad occhio nudo.

Terminato il periodo di esposizione i rilevatori sono riconsegnati al laboratorio di analisi utilizzando nella fase di trasporto una procedura puntuale come l’uso di particolari custodie in materiale non permeabile al radon (questo per evitare esposizioni aggiuntive a quelle del locale monitorato).

Il laboratorio, successivamente, provvede allo sviluppo chimico del rivelatore e al conteggio delle tracce; dal conteggio del numero di tracce che si sviluppano, proporzionale alla concentrazione di radon presente nell’ambiente in cui il materiale è stato esposto e al tempo di esposizione, è possibile ricavare il valore della concentrazione di radon specifico del locale monitorato durante il periodo di misura. La tecnica di misura adottata offre un accettabile grado di affidabilità. Il sistema prevede un tempo di esposizione superiore al mese fino ad un massimo, di un anno. Parametri influenti: per l’utilizzo di questo tipo di dosimetro va posta attenzione presso l’organismo di misura ad alcune condizioni per quanto concerne lo stoccaggio del materiale plastico prima della sua esposizione. I dosimetri devono essere riposti all’interno di custodie in materiale a bassa permeabilità al radon.

La normativa, infine, prevede che Il datore di lavoro, o esercente, sia in grado di svolgere in autonia tali misurazioni, affidandosi ad un laboratorio certificato ed utilizzando le metodologie previste nel decreto stesso.

Articolo preso dal sito ufficiale di AiFOS.